Le ambulanze radiologiche mobilitate dalla Croce Rossa Italiana furono 6, numerate progressivamente da I a VI.
La proposta d’istituire un servizio radiologico mobile da inviare alla fronte, con caratteristiche di autonomia, trasportabilità e massima completezza e efficienza degli impianti a raggi X fu progettata dal professore Felice Perussia, attivo ai Reali Istituti Clinici di Perfezionamento di Milano. L’idea, pur suscitando contrasti nel mondo accademico, ben prestò convinse in larga parte i colleghi più autorevoli e, soprattutto, la Presidenza del Comitato Lombardo della CRI, che gli conferì l’incarico di proseguire gli studi in tal senso.
Fu così che, grazie alla collaborazione della ditta “Balzarini” di Milano che ne curò la costruzione, il Perussia riuscì nel suo intento di consegnare la prima ambulanza radiologica alla CRI. Si trattava di un veicolo a benzina con un motore da 25-35 HP che all’occorrenza poteva fornire l’energia necessaria agli attrezzi radiologici, caricati nell’ampia carrozzeria che misurava 2,50 in lunghezza, 1,70 in larghezza e 1,75 m. in altezza.
L’apparecchiatura radiologica era formata da un trasformatore ad alta tensione, un selettore d’onda, un tavolino di manovra con gli strumenti di misura, regolazione e l’interruttore per le radiografie istantanee, un sostegno per tubi e i cavi necessari ai collegamenti, due casse di tubi Röentgen e, infine, tutti gli accessori alla tecnica di radiologica.
L’ambulanza, guidata dal tenente medico Pietro Sessa, entrò in servizio il 9 luglio 1915 e alla fine del 1917 aveva eseguito circa 6mila esami radiologici tra radioscopie, radiografie, localizzazioni di proiettili e interventi chirurgici al trocoscopio.
Di norma, le ambulanze erano costituite da un Ufficiale medico radiologo – direttore dell’unità, da un Sottotenente Commissario Automobilista, da un Sergente fotografo e da tre caporali conducenti automobilisti.
Infine, una novità allestita dal Comitato Regionale CRI di Genova, su suggerimento della Presidenza Centrale, era l’ambulanza (con) elettro-vibratore. Quest’ultimo offriva al bisturi del chirurgo la guida esatta per estrarre con facilità e speditezza – non sempre raggiungibile con la radioscopia – un proiettile o schegge dal corpo.